“Lampada ai miei passi”, vangelo 16/02/2020

Un pensiero di Federica Inches
sul vangelo di domenica 16/02/2020 (Mt 5, 17-37) 

Scrivendo tra e per cristiani di provenienza giudaica, sensibili al problema del rapporto fra annuncio evangelico e norme antiche, l’evangelista Matteo chiarisce che Gesù non è venuto ad abolire la “Legge o i Profeti”; ribadisce, quindi, la validità dell’espressione codificata della volontà di Dio per il suo popolo, che costituiva il tratto distintivo di Israele fra le genti.

Gesù, però, non si limita a riaffermare l’insieme di prescrizioni che guidavano la vita di ogni buon Israelita; Egli porta a compimento quella Legge, facendone sbocciare l’originario senso vitale per l’uomo e conducendola ad un esito che la corona e la supera. Non si tratta di dover fare o non dover fare qualcosa: si tratta di “essere” in un certo modo; di avere uno sguardo nuovo; di porsi, nel rapporto con Dio e con gli uomini, con un’attitudine che affermi la nostra e l’altrui dignità.

È un invito -il Vangelo di questa domenica- a guarire il cuore, da dove prendono forma le nostre parole e le nostre azioni, per guarire la vita.

Amiamo, dunque, e certamente non uccideremo, neanche con le parole.
Orientiamo le nostre relazioni umane all’incontro riconciliatore, e allora quella con Dio si esprimerà in un culto che non sarà vano.
Guardiamo per edificare, e sicuramente non cadremo nelle maglie della bramosia che riduce l’altro a mero oggetto di desiderio accaparratore.
Facciamo verità in noi stessi e parliamo con la conseguente lucida onestà, e non servirà più proferire giuramenti.

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